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ASPETTI ARCHEOLOGICI DELLE STUFE

Il cosiddeto 'Paperino' del IV millennio a.C. La presenza di un pavimento in lastre di cotto che continua ininterrottamente nelle gallerie superiori delle stufe fa dedurre che esse in origine non erano divise e quindi non potevano essere utilizzate per cure sudatorie. Tutto ciò sgancia il dato archeologico da quello mitologico, raccontato da Diodoro Siculo (IV 78), secondo cui le terme del Cronio sarebbero state opera di Dedalo: non vi sono, infatti, testimonianze del XIII sec. a.C. (epoca assegnata all’architetto ateniese) perché ciò che oggi viene chiamato antro di Dedalo venne realizzato solo sul finire del IV sec. d.C., quando nelle cavità vaporose furono collocati dei sedili in pietra per la cura sudatoria. In uno strato sottostante al muro che divide l’antro di Dedalo dall’antro degli Animali, lo scavo archeologico di Schneider ha individuato quattro monete databili tra il 351 ed il 361, le quali per la loro corrosione dovettero aver circolato per almeno due generazioni: il muro, pertanto, risale alla fine del IV secolo o inizio del V e in cui di conseguenza anche i sedili in pietra collocati lungo questa parete sono posteriori a tale data che è quella arrivò san Calogero, eremita dell’Asia Minore, che con alcuni seguaci avviò sul Cronio di Sciacca una tradizione assistenziale e curativa.



L’ANTIQUARIUM

Sul monte Cronio esiste dal 1984 l’Antiquarium omonimo che raccoglie alcuni dei reperti rinvenuti nelle campagne di scavo condotte nella galleria del Fico da parte dell’archeologo Santo Tinè e degli speleologi della Commissione Grotte “E. Boegan”. Dopo diversi anni di chiusura, l’Antiquarium è stato riaperto il 10 settembre 2010 e si presenta rinnovato sotto l’aspetto museografico.

La prima sala è dedicata al vulcanesimo nel canale di Sicilia al quale qualcuno vorrebbe legare i fenomeni termali e vaporosi del Cronio, ma il dato non è ancora scientificamente accertato.

Molto curati sono i pannelli che trattano l’aspetto archeologico delle cavità, ma i pannelli dedicati alle spedizioni speleologiche si sono ridotti di numero e di contenuto, anche se migliorati graficamente: vi sono infatti solo due pannelli: uno dedicato alle spedizioni del periodo 1942-1998, l’altro dedicato alla convenzione tra la Commissione Grotte e l’Associazione “La Venta” (2006), che cita la redazione del “Progetto Kronio” (2007-2008) e la breve spedizione del 2008.

Un altro pannello (“ispirato” ad una pubblicazione di chi scrive) tratta del rapporto tra termalismo e religione. I grafici con le planimetrie, le sezioni del monte ed il rilievo delle grotte sono della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” di Trieste che li ha elaborati in circa quarant’anni di attività dentro il Cronio (ma questo dato non è abbastanza evidenziato).

Interessanti e nuove sono le schede plastificate che forniscono particolari sui manufatti esposti nelle due vetrine di argomento archeologico, a cui si aggiunge una vetrina con alcuni utensili usati dagli speleologi di Trieste. La topografia interna del Cronio risulta magnificamente illustrata con un nuovo plastico che presenta la sezione del monte con le sue gallerie e pozzi (tra di essi spiccano le notevoli dimensioni del pozzo Trieste).

Nei locali viene proiettato anche un filmato, sintesi di un filmato RAI 1974 (dell’Archivio Commissione Grotte), di un filmato realizzato per conto della Soprintendenza nel 1986 e del filmato sul “Progetto Kronio” che la Commissione Grotte e l’Associazione “La Venta” intendono portare avanti di concerto con gli altri enti coinvolti nella valorizzazione del Cronio (Comune, Soprintendenza, Forestale). Immagini e musica accattivanti, ma il filmato contiene però una strana frase: “…da quattromila anni la temperatura è andata progressivamente aumentando per cause vulcaniche”.





L’ARCHEOLOGO SANTO TINE’


Santo Tinè, con un mero in mano, nell'Antro di Fazello (1962) Nato in provincia di Siracusa nel 1926, lavorò negli anni Cinquanta alle dipendenze del celebre Bernabò Brea. Dal 1958 al 1961 studiò con una borsa di studio presso l’Università di Harvard (Boston). A Sciacca venne per la prima volta nel 1957 e sempre con gli archeologi nel 1962 per alcuni saggi di scavo nella galleria del Fico che rivelarono un deposito di oltre quattro metri risalente al Paleolitico e che permise di accertare la facies occidentale dello Stentinello, qui denominata dallo stesso Tinè “Stile del Cronio”. Si tratta di una ceramica risalente al VI millennio a.C. e caratterizzata da una accurata decorazione ottenuta per incisione: è la più antica ceramica di Sicilia.

Mentre quella del 1957 fu una ricognizione soltanto esplorativa (Tinè scese nelle gallerie inferiori del Cronio con lo speleologo Coloni, per identificare alcuni vasi rinvenuti l’anno prima nelle cavità carsiche del monte), nel 1962 lo scavo ebbe luogo nelle gallerie superiori, ancora con l’assistenza degli speleologi.

Intelligente e preparato, Tinè non ebbe difficoltà ad inquadrare i manufatti delle gallerie inferiori, alti circa un metro, come appartenenti alla cultura di Malpasso (4000 anni fa) che ancora oggi testimoniano la presenza dell’uomo dentro il Monte, probabilmente a scopo di culto.

Tinè tornò di nuovo a Sciacca nel 1974 (in occasione della V spedizione) e nel 1998, quando aveva già redatto diverse relazioni inedite sulle “Stufe di Sciacca” e pubblicato studi in riviste con Bernabò Brea e diversi lavori scientifici riguardanti gli ambienti del Cronio, di cui lascia un interessante panorama storico-archeologico. Nel 1967 iniziò la sua carriera di docente in Paletnologia che lo portò nel 1996 a diventare Ordinario presso l’Università di Genova.

Dal 1976 al 1986 fu direttore dell’Istituto di Archeologia, presso l’Università di Genova e membro del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali. Fu anche presidente dell’Istituto Italiano di Archeologia Sperimentale di Genova da lui voluto e animato.

Scomparso nel 2010, Tinè non ha pubblicato tutto il materiale e le conoscenze che aveva maturato, durante i quattro scavi archeologici (1962, 1963, 1969, 1986) effettuati nel Cronio che - si spera - vorranno pubblicare coloro che hanno lavorato con lui presso il Dipartimento universitario di Genova.