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Monte Cronio: Antro di Dedalo (Stufe)
ANTICHE PRATICHE IDROTERMALI NEL TERRITORIO DI SCIACCA (AQUAS LABODES)

Relazione presentata da Giuseppe Verde al
Cura Aquarum in Sicilia
, Siracusa, 16-22 maggio 1998.

Atti del decimo Congresso Internazionale sulla
Storia della Gestione delle Acque
e dell'Ingegneria
Idrologica nell'Area del Mediterraneo,
a cura di G. Jansen.
Babesch suppl. 6, Leida 2000.

Città posta sulla costa sud-occidentale della Sicilia, Sciacca, relativamente all'uso delle acque termominerali e delle grotte vaporose, è stata sede di uno speciale sviluppo storico sin dalla più alta antichità. Ancora oggi il suo territorio termale è segnato da due torrenti, il Carabollace ad est ed il Carrozza ad ovest, che ricevono apporti di acqua termale dalle vicine sorgenti.

Nel Carabollace, l'acqua termale affiora dal letto stesso del torrente, fenomeno che si nota soltanto d'estate, quando questo rimane asciutto. La zona rurale, denominata Locogrande, conserva i resti di un insediamento risalente al V secolo a.C., che si può rapportare ai fuggiaschi della distrutta Selinunte (il territorio della città greca comprendeva quest'area, fino ad Eraclea Minoa 1).

Strabone dà anche un breve cenno alle acque calde e salse di Thermai Selinuntiai2, identificabile nell'area di Locogrande, vicino l'antica Selinùntia odòs che collegava Selinunte con Akragas.
Lungo il tragitto Lilybeum-Syracusis-Messana, l'Itinerario Antoniniano elenca Aquis Larodes (fig.76), un insediamento romano che decadde a funzioni di mansio nel IV secolo d.C., quando una nuova struttura si rese necessaria non lontana dalla costa, per il trasporto cerealicolo via mare.
La Valle dei Bagni (fig. 81-99), proprio all'ucita dell'odierna Sciacca, offriva buone opportunità commerciali, per la sua posizione che si estende fino al mare e che ancora oggi comprende un'area ricca di diverse acque termominerali 3. Il torrente Carrozza (fig. 88,90b) raccoglie gli scarichi d'acqua Solfurea nella Valle dei Bagni, prima di avviarsi verso il mare.
Tutta la zona, fino alla sorgiva dei Molinelli (fig. 105-108), dovette costituire sede per una seconda statio dell' Itinerario Antoniniano, cioè Ad Aquas (fig. 76), edificata sul tragitto Messana-Catina-Lilybeum, distante due miglia da Aquis Larodes (la differenza in miglia romane si ottiene facilmente dall'Itinerario, se si mettono le due stazioni in rapporto con Agrigentum).
Nel XVII secolo, la zona apparteneva al barone Leofante che sulla facciata della sua abitazione di Sciacca, proprio accanto alla Porta dei Bagni, aveva collocato un'epigrafe romana 4 del IV secolo (fig. 78) riportante la costruzione di una statio lungo il cursus publicus romano.
Poichè non si conosce l'origine dell'epigrafe, è deduzione logica che essa provenga dal terreno dei Leofanti, che si trovava a sud della Valle dei Bagni 5, e che quindi si riferisca alla statio Ad Aquas. L'epigrafe costituisce anche un importante documento dell'attività edilizia da parte dei Romani in Sicilia, durante il IV secolo d.C., da collegare molto probabilmente a provvedimenti per una migliore utilizzazione delle acque e delle relative strutture.
Il segmento VII 1 della Tabula Peutingeriana (fig. 79-80) rappresenta il territorio di Sciacca come in una grande area quadrata con due torri situate frontalmente, agli angoli, ed il nome Aquas Labodes 6: un grande simbolo che raffigurava la Direzione per il trasporto di merci e ufficiali nella provincia siciliana, evidentemente in rapporto con una stazione termale. In quest'area, purtroppo, non sono mai state condotte ricerche sistematiche a scopo archeologico.
Nei tempi passati, bagnarsi non implicava necessariamente l'uso dell'acqua, come si riscontra dall'utilizzo delle grotte vaporose di monte Cronio (fig. 24a-30), distante 7 km da Sciacca, dove fare il bagno equivale a sedersi in una grotta speciale (denominata Antro di Dedalo) e a rimanere in attesa di un'abbondante sudorazione. Tale pratica si trova ben descritta in Diodoro Siculo (IV 78), quando afferma che Dedalo adattò una grotta del territorio selinuntino a luogo termale, in cui poi trovò la morte Minosse. Sebbene Pausania riporti una variante del racconto - secondo cui Minosse morì per mano delle figlie di Cocalo, re del luogo - vi sono buone ragioni per pensare che il decesso sia avvenuto durante una pratica termale, in una cavità da localizzare nel monte Cronio, non esistendo altre grotte vaporose nel territorio di Selinunte.
Tali eventi - non sappiamo se storici o mitologici - fanno intuire l'interesse che i popoli antichi nutrivano verso le risorse termali (la morte di Minosse viene datata convenzionalmente al XIII secolo a.C.) ed hanno suffragato l'ipotesi che Dedalo abbia portato tra le genti sicane una cultura civilizzatrice. Inoltre, i racconti possono adombrare tentativi espansionistici nella Sicilia sud-occidentale - da parte di genti cretesi che vennero sconfitte - com'è simbolicamente rappresentato nella morte di Minosse.
Dal punto di vista geologico, sin dall'età Quaternaria si sviluppò all'interno del monte Cronio un complesso carsico di gallerie (fig. 4a-4b) che rese le cavità superiori praticabili dal Paleolitico sino alla fine del terzo millennio a.C., quando diventò impossibile vivere dentro di esse per l'insorgenza del vapore. Nella parte inferiore del complesso carsico, già studiato dagli speleologi nel 1942, furono rinvenuti per caso - nel 1957 - alcuni vasi preistorici di età neolitica. Ciò rese possibile datare l’evento geologico che mise in comunicazione le gallerie carsiche con il bacino termale sottostante, permettendo così al flusso vaporoso di arrivare all'uso esterno.
L'importante scoperta archeologica è costituita da vasi, alti circa un metro, che ammontano a circa quaranta pithoi dello Stile di Malpasso (fig. 2-3), depositati nelle viscere della montagna e facenti parte di un culto reso ad una divinità preistorica sconosciuta, da mettere in rapporto con i fenomeni geotermali del 2000 a.C.
Le grotte superiori furono abbandonate fino al V secolo a.C., quando i coloni greci cominciarono a frequentarle di nuovo a scopo religioso, come provano le statue di Demetra e le lucerne (fig. 18b) in mostra presso il locale Antiquarium (fig. 21a, 50). Inoltre, mezzo metro sotto l'attuale pavimento delle grotte superiori, si estende ininterrottamente una serie di lastre in terracotta, collocate durante il III-I secolo a.C., che costituiscono il pavimento di un insolito santuario di età classica, dedicato alle forze ctonie delle cavità vaporose.
L'atteggiamento religioso verso il vapore, esalante dalla montagna, ebbe molti rapporti con i culti della madre terra, sia in età preistorica che in età classica, ed è improbabile che le cavità superiori possano essere state utilizzate come luogo per una vera e propria cura, poiché, trattandosi di grandi cavità, il vapore vi si disperdeva. Verosimilmente, solo l'acqua termale deve essere stata utilizzata, durante il periodo greco-romano, per fini curativi nel territorio di Sciacca.
Quando nel V secolo d.C. la zona fu scelta per l'evangelizzazione da parte di Calogero, un eremita cristiano, ebbe inizio una nuova pratica corporea e mentale. A quell'epoca risale, come da accertamenti archeologici, l'adattamento dell'Antro di Dedalo ad ambiente di cura: diversi sedili in pietra furono collocati all'interno della grotta e furono realizzati alcuni muri (fig. 24b) per concentrarvi il vapore. Poiché l'eremita conosceva il valore curativo delle risorse termali, deduciamo che deve essere stato proprio lui a suggerire l'uso corretto delle grotte vaporose e delle acque termali, mentre si prendeva carico delle persone che lo cercavano sia per problemi corporali che spirituali. Questa nuova cultura termalistica del V secolo liberò il territorio di Sciacca da antiche credenze e dalla cultura pagana, e si diffuse in altri centri termali della Sicilia occidentale, come Termini Imerese e Lipari, dove si trovano altre terme dedicate al Santo.
I monaci di san Calogero, lungo i secoli, tramandarono sul monte Cronio la spiritualità del Santo e determinarono un particolare fenomeno a cui diamo la definizione di termalismo religioso, cioè un atteggiamento di fede verso la malattia, da curare con mezzi naturali. Fu per tale motivo che, durante il Medioevo, l'uso curativo delle grotte e delle acque termali non subì interruzioni a Sciacca, ritrovandosi buona documentazione delle pratiche idrotermali sia nella dominazione araba che nella successiva restaurazione del Cristianesimo ad opera del conte Ruggero 7.

[Questa relazione costituisce anche il primo capitolo della "Storiografia delle Terme di Sciacca" (vedi home page) a cui si riferiscono i numeri delle figure citate fra parentesi]

1. Erodoto V 46,2.
2. Strabone,VI 275; cf. K. Ziegler, col. 2387-2388.
3. Fino al secolo scorso, oltre all'Acqua Solfurea, il torrente raccoglieva pure l'Acqua Ferrata che scomparve insieme all'Acqua Santa e all'Acqua delle Palme. Sul versante orientale della Valle dei Bagni si trova l'Acqua dei Molinelli, che viene ancora utilizzata per bagni all'aperto.
4. Catalogata da T. Mommsen, C.I.L., vol. X2, n. 7200.
5. G.A. Granone, op. cit.: 135; cf. V. Palermo, atto not. 2 ago. 1599, A.S.S.S., vol. 902, f. 616v.
6. Aquas Labodes è il nome composto che si ottiene da Ad Aquas e da una variante di Aquis Larodes, come Iabodes nel Ravennate (VII sec.) e Labodes in Guidone (XII sec.).
7. L'uso delle grotte vaporose, durante il IX sec., è evidenziato dagli Inni di Sergio, un monaco del cenobio di san Calogero. Nel XII sec., il territorio di Sciacca fu dato in dote alla contessa Giuditta,figlia del normanno conte Ruggero, ed ebbero inizio le Consuetudini della città. Il regolamento di accesso ai bagni d'acqua e a vapore è contenuto nel capitolo De Balneis del Libro Rosso, che permetteva agli Ebrei di farne uso solo di venerdì e alle prostitute solo di sabato.