Storia
  Archeologia
  Speleologia
  Agiografia
  Religiosità
  Medicina
Biografia
  Pubblicazioni
Terme
Riabilitazione
 
English version

 

 

 

Il sanutario, l'antiquarium e lo stabilimento termale

ASPETTI STORICI

Sulla sommità dell’altura che si erge alle spalle di Sciacca esistono delle cavità invase di vapore proveniente dall’interno del monte San Calogero che, a dire il vero, è solo una collina di 386 metri. Tali cavità sono utilizzate ancora oggi come luogo di cura adatto per malattie artroreumatiche croniche. Gli aspetti legati a questo ambiente hanno valenza pluri-disciplinare, se si pensa che si tratta di un luogo archeologico, frequentato dall’uomo sin dal Paleolitico; un luogo di ricerche speleologiche, perché all’interno del monte esiste un complicato reticolo carsico; un affascinante laboratorio di ricerche geologiche che ancora non hanno dato risposta sul collegamento con le acque termali sottostanti, da cui il vapore proviene. La frequentazione delle grotte del Cronio risale alla più alta antichità e i numerosi vasi neolitici depositati nelle gallerie interne del monte attestano un culto alla madre terra risalente a ben quattromila anni fa. Non vi sono altre realtà termali al mondo che possono datare con documenti archeologici una frequentazione così antica (naturalmente non per cura, ma per frequentazione). Le grotte del Cronio sono un vero e proprio “bene dell’umanità” perché in esse sono rimaste tracce che documentano in modo ininterrotto una facies culturale di rilevanza regionale che proiettano una luce importante sulla preistoria del Mediterraneo . Il connubio tra storia, terme, archeologia, speleologia e cure termali costituisce per il territorio di Sciacca un valore aggiunto. In età storica, relativamente alle terme di Sciacca, la più antica citazione di una frequentazione delle terme si trova in uno scritto di Sergio, un monaco Calogeriano che scrisse sul finire del IX secolo Inni in greco che lodavano san Calogero e le grotte da lui rivalorizzate a scopo curativo. Una citazione a scopo igienico-rituale, si trova nel Libro Rosso, codice cartaceo contenente documenti risalenti fino al 1302 che conserva una disposizione dei Giurati locali con cui veniva limitato l’accesso agli ebrei alla sola giornata di venerdì, mentre alle prostitute l’accesso era consentito nella sola giornata di sabato, con facoltà dei giurati di disporre diversamente in caso di malattia. Ancora nel XVIII secolo, Houel disegnava fedelmente nella sua opera due vasche distinte nella valle dei bagni: una per gli uomini e una per le donne. Erano vasche all’aperto, a cui si accedeva da appositi corridoi, il cui perimetro era delimitato da appositi muri che preservavano dalla vista altrui. Simile divisione venne operata anche per le grotte vaporose di San Calogero, dove l’Antro degli Animali, adiacente a quello di Dedalo, veniva riservato alle donne (dal nome e dalla mancanza di sedili deduciamo che non doveva essere una situazione di riguardo): oggi l’accesso alle grotte vaporose avviene principalmente nell’Antro di Dedalo con turni alternati di mezz’ora per i due sessi. Sempre sul monte Cronio, posteriormente al santuario esisteva un ospedale (oggi corrispondente all’albergo Kronio, di cui una parte (rivolta a nord, verso Caltabellotta) era riservata alle donne, con ingresso indipendente. (Estratto dalla relazione della conferenza, organizzata dalla Fidapa, tenuta dall'autore il 15 giugno 2007).



Il territorio di Sciacca (Aquas Labodes) nella Tabula Peutingeriana


IL TERRITORIO TERMALE NEL TOPONIMO DI AQUAS LABODES


La carta pittorica medievale, denominata Tabula Peutingeriana, riporta conoscenze geografiche risalenti al periodo tardo-romano, utili per la storiografia di antichi siti. Nello spazio che rappresenta la Sicilia, si trova raffigurata una grossa vignetta di forma quadrilatera, con la denominazone Aquas Labodes, che rappresenta l’antico territorio dell’odierna Sciacca con i relativi simboli di servizio (proprio come avviene oggi nelle guide turistiche). La raffigurazione riporta frontalmente al quadrilatero due torri a punta (un segno che indicava la possibilità di alloggio per i viaggiatori) ed il termine Aquas che - come in altri luoghi termali - segnalava la presenza di sorgenti termali (i Romani sfruttavano la naturale vocazione del territorio: la pratica di un eventuale bagno caldo alla fine di una giornata di viaggio non era per niente male).

La grandezza della vignetta non può essere giustificata dalla presenza dei soli servizi ricettivo-termali: si noti più in alto, nella figura, il toponimo Thermis (Termini Imerese) che viene rappresentato con due sole torri a punta: dovevano coesistere quindi - nel territorio di Sciacca - altre importanti funzioni, che gran parte degli studiosi identificano nella Direzione generale per i trasporti nell’isola. Noi aggiungiamo che doveva esserci una importante realtà socio-economica, probabilmente legata alla presenza di un caricatore che raccoglieva la produzione cerealicola di una grossa parte di territorio circostante che, per la relativa posizione sulla costa, veniva poi spedita via mare, in un periodo (metà del IV secolo d.C.) erano venuti meno i rifornimenti del Nord Africa. La vignetta rappresenta, inoltre, un ufficio governativo con funzioni di controllo sul territorio.

Vogliamo qui approfondire il significato dei numeri segnati a lato della vignetta che presenta a destra il numero XL, che indica 40 miglia di distanza da Agrigento, mentre a sinistra vi compare il numero XLV, che indica i 45 miglia da Lilybeo (oggi Marsala). Tali distanze trovano riscontro anche nell’Itinerario Antoniniano - tabella dei principali centri del mondo romano con le relative distanze - che cita il territorio di Sciacca sotto due toponimi: Ad Aquas ed Aquis larodes, con una differenza di due miglia tra i due. Il dato ha la sua importanza, perché permette di identificare nel territorio due aree termali tutt’ora esistenti:

1) Ad Aquas nella Valle dei Bagni (contigua al territorio urbano, fino alle sorgive dei Molinelli);

2) Aquis Larodes nel sito rurale di Locogrande (a circa 3 km dai Molinelli), presso il torrente Carabollace. Quest’ultimo, come testimonia il relativo insediamento del V secolo a.C., era stato abitato anche in epoca greca e darebbe ragione dell’antica Thermai Selinuntiai citata da Strabone.

Nell’Itinerario Antoniniano il tragitto Aquis Larodes-Agrigento è esattamente 40 miglia (a conferma di quanto compare a destra della vignetta) mentre il tragitto Ad Aquas-Lilybeo è esattamente 45 miglia. Tale corrispondenza nelle fonti permette di affermare che la Tabula Peutingeriana dipende come fonte storica – sulla base dei dati analizzati nel territorio in esame - dall’Itinerario Antoniniano.

Deduciamo, pertanto, che nel territorio corrispondente all’attuale Sciacca esistevano due toponimi (Ad Aquas e Aquis Larodes), riportati nella Tabula Peutingeriana con la denominazione Aquas Labodes, frutto di una sintesi operata con ogni probabilità in età medievale: nel primo toponimo cadde la Ad, nel secondo cadde il termine Aquis (Larodes, infatti, diventerà Iabodes in Ravennate e Labodes in Guidone).

Il primo toponimo è da mettere in rapporto con la statio citata dall’epigrafe tardo-romana catalogata da Mommsen nel suo CIL (X2, 7200).

Pur non avendo ricevuto un’adeguata attenzione dal punto di vista archeologico, la zona costiera della Valle dei Bagni è identificabile come l’area di provenienza dell’antica lapide romana del 340-350 d.C. - oggi dispersa - che nel XVII secolo il barone Leofanti esponeva sulla facciata della sua casa urbana, posta accanto alla Porta dei Bagni. La ricerca archivistica ci permette di assegnare al barone, con sufficiente margine di sicurezza, il possesso delle terre poste a sud delle sorgive termali - cioè nella Valle dei Bagni - il che fa dedurre che la lapide possa pervenire da questa zona che costituì pertanto la sede della statio citata nella lapide, identificabile (per le distanze sopradette) con il toponimo Ad Aquas dell’Itinerario.